Il negozio (virtuale) del piccolo produttore non si deve perdere nel mare magnum di Amazon o eBay, ma alzare la saracinesca on line o entrare in uno dei nuovi portali nati per valorizzare il saper fare artigianale in tutti i campi.
La convinzione di fondo dev’essere che il matrimonio tra manifattura di qualità e strumenti digitali può generare in Italia un nuovo Rinascimento. Negli ultimi due anni sono spuntati almeno una decina di marketplace di questo tipo, ma c’è ancora molto da fare.
L’obiettivo di rendere l’e-commerce accessibile anche per chi non ha grandi risorse da investire né competenze tecnologiche. La politica industriale italiana deve quindi concentrarsi sull’export del manifatturiero di eccellenza. E in questo hanno un ruolo fondamentale le piattaforme web che sanno “vendere” al cliente americano, russo o brasiliano, prima ancora del prodotto, il valore aggiunto dell’artigianalità.
Il fatturato dell’e-commerce di prodotti e servizi italiani (9,6 miliardi a fine 2012, quasi raddoppiato rispetto al 2007 a dispetto del crollo della spesa delle famiglie, anche se resta solo il 2,6% delle vendite retail), salta all’occhio che solo il 17% è realizzato all’estero. Significa che quest’anno, su un giro d’affari che secondo l’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-School of Management del Politecnico di Milano salirà a 11,3 miliardi, solo 2 arriveranno dall’export (che per l’Italia ne vale 380).
Fonte : http://www.ilmondo.it
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