martedì 8 ottobre 2013

Pmi, non c’è futuro senza Web sfruttare l’onda del made in Italy

C’ è una torrefazione napoletana che, insidiata dai caffè della grande distribuzione, al crollo delle vendite ha risposto con l’ecommerce e portando le sue miscele di qualità nei social network, aprendo un blog aziendale in cui si parla di caffè e medicina, arte, sport economia e ovviamente cucina. In sei anni la Caffè Carbonelli è passata dal rischio chiusura a decuplicare il fatturato e a quadruplicare la superficie della produzione, a fare il 70% dei ricavi sull’online mentre prima vendeva solo sul mercato locale, a raggiungere una quota di export del 20%.
caffè carbonelli
C’è un’altra azienda campana, il Pastificio Di Martino, zona di Gragnano, che ha creato uno spin off per l’online, Pastificio dei Campi, si è inventata la produzione di pasta in edizione limitata e con l’e-commerce, grazie anche a un blog aziendale in inglese, è arrivata a commercializzare il suo prodotto in 16 paesi, compresi Usa e Australia. Il fatturato è passato dai 4 milioni del 2011 ai 7 stimati per quest’anno.
murano
Oppure, al nord, YourMurano, sito online nato per commercializzare in Rete 800 prodotti di 16 vetrerie artigianali artistiche di Murano: in 18 mesi, grazie a una strategia mirata e costruita sulle AdWords di Google ha raggiunto un portafoglio clienti di oltre mille nominativi e effettuato 2500 spedizioni, incrementando il fatturato delle vetrerie del 30%. Il 95% delle vendite è all’estero. «Nessun paese come l’Italia può contare su un sistema manifatturiero e agroalimentare così amato e conosciuto in tutto il mondo, ma fino a ieri comprare italiano era un’opportunità per pochi.
Oggi Internet permette di raggiungere direttamente pressoché tutti i potenziali consumatori», è la considerazione di Fabio Vaccarono, country director di Google Italia. «Il gap italiano sul digitale è la chiave del rilancio della nostra economia – continua Vaccarono – Siamo gli unici in Europa a non crescere ancora, e non può essere un caso che la quota di economia digitale sul Pil sia in Italia di appena l’1,8% mentre in Gran Bretagna è cinque volte superiore. E se pensiamo al sorpasso della Spagna sullo spread, può non avere influenza sul maggiore dinamismo dell’economia iberica il fatto che la Spagna abbia una tasso di penetrazione di Internet sulle piccole imprese che è doppio del nostro: 34% loro, 17% noi?». Vaccarono a Capri, giovedì scorso al convegno di Between intitolato quest’anno a “Digital Italia” ha anche presentato i risultati di un’indagine che Google Italia ha commissionato alla Doxa. Se tra le medie imprese italiane almeno una su due intrattiene rapporto con l’estero, per le piccole imprese la percentuale è appena del 12. Solo il 13% delle Pmi ricerca direttamente su Internet controparti estere. Ma la digitalizzazione e quindi la contaminazione in vari gradi della cultura aziendale da parte di Internet, ha effetti fondamentali nella capacità delle aziende di avere relazioni internazionali e di esportare. E la differenza si vede soprattutto tra medie e piccole imprese. Tra le medie, più strutturate, con una tradizione di vocazione all’export già prima di questa crisi, ilfattore Internet è un acceleratore: il 35% delle medie imprese “non digitali”, secondo l’indagine Doxa, ha relazioni internazionali, mentre tra le “digitali avanzate” la quota arriva al 54%. E parallelamente la quota di chi esporta passa dal 74% dei non digitali all’87%. Dove invece l’impatto di Internet ha un peso incredibile è tra le piccole: qui le imprese “non digitali” con relazioni internazionali sono appena l’8%, meno di una su 10, quota che si quadruplica al 32% tra le “digitali avanzate”. Nella foto a lato, Fabio Vaccarono, country director di Google Italia Nei grafici, la crescita delle ricerche sul made in Italy impostate nei maggiori paesi esteri su Google.

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