Il mio percorso professionale è sempre stato affiancato dal
clichè da manuale per cui il “marchio di un’azienda è il suo patrimonio più
importante”, spesso considerato più prezioso della tecnologia o dei brevetti o
dall’abilità manifatturiera. Oggi
è più chiaro che l’ascesa dei marchi, è stata storicamente , la risposta a un
ambiente più povero di informazioni; in altre parole quando i consumatori
dovevano basarsi sulla pubblicità e sulla loro passata esperienza, i marchi
erano un assicurazione di qualità, in quanto si dava per scontato che i
prodotti di certe aziende fossero garanzie di qualità e quindi la
fidelizzazione era un modo per ridurre il rischio.
Il tasso di fidelizzazione alla marca era del 80%. Oggi è al
25%, Perché?
Oggi i consumatori possono consultare pagine e pagine di
ricerche su qualsiasi argomento. Il ROPO (Reasearch On line Purchase Offline)
ha raggiunto 80% ed un prodotto scadente può diventare con i social network un
boomerang per un brand.
Oggi ogni prodotto deve dimostrare da solo quanto vale.
Non ci si può adagiare sui risultati passati e il
sovrapprezzo che un brand può imporre si è ridotto. Chi fa un prodotto
superiore lo può far pagare di più, ma se il gradimento è uguale a quello della
concorrenza il prezzo dev’essere simile. I nuovi arrivati possono quindi
competere con i giganti. Oggi, anche per questo, il mercato è quindi in
subbuglio … il valore di un’azienda si misura sul suo ultimo prodotto.
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