La digitalizzazione era agli inizi e trasferire in digitale le pellicole era costoso, ma soprattutto inutile, l'85% degli abbonati sceglieva infatti il 5% dei film a disposizione; l'esperimento fallì. Oggi, a vent'anni di distanza, il video on demand è altra cosa e anche le abitudini di consumo del pubblico si sono evolute. La missione editoriale è però sempre identica, offrire ai clienti quel che desiderano quando lo desiderano. Per il pubblico si tratta di passare dal Prime Time al My Time, ovvero dalla fascia oraria fissata in base alla maggior quantità di persone presenti in casa, ad un momento della giornata stabilito da ciascuno.
In Italia è stata Fastweb ad offrire il vero e proprio video on demand forte della banda a fibra ottica, poi sono seguiti gli altri operatori telefonici e televisivi, ma la domanda nel frattempo si è estesa, non solo quello che desidero quando lo desidero, ma anche dove, su quale device, lo desidero vedere, in modo da rendere più comoda l'interattività tra spettatore e comunità. L'interagire preferito non è infatti tra spettatore e programma, ma tra spettatore e la comunità dei social network.
Operare su più fronti per rendere più agevoli queste interrelazioni è la strategia vincente. Nel frattempo il vod si è esteso alle console, xBox e Playstation, mentre la possibilità di visione in differita, senza nulla perdere di quanto si stava seguendo in diretta, è in Italia non solo presente ma anche misurata da Auditel, e i dati dei primi quattro mesi dell'anno dicono che è utilizzata in media da 1,9 milioni di persone. Il satellite ha il maggior peso, 1,2 milioni, ma in 410mila seguono reti Mediaset, in 310mila la Rai, che segue da presso Fox con 333mila visioni in differita delle proprie fiction. Il passo successivo sarà rappresentato dall'arrivo in Italia di Netfix, da pochi giorni operativo in Uk, e di eventuali altre offerte consorziate che combinino tv e Internet.
La cosa più interessante dell’affermazione della TV in my time è certamente dal punto di vista del advertising che ha invece sempre basato i suoi listini non tanto sulla programmazione in sé, bensì sulla fascia oraria in cui veniva fatto un certo programma; venendo a mancare per una grossa fascia di utenza un palinsesto orario sono a questo punto molto curioso di capire su quali logiche di pricing si baserà il costo del advertising nella TV on demand – My time.
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